Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona del
  Presidente  della  Giunta  provinciale  pro-tempore Lorenzo Dellai,
  autorizzato  con deliberazione della Giunta provinciale 11 febbraio
  2000,  n. 274  (all.  1),  rappresentata e difesa - come da procura
  speciale  del  14 febbraio 2000 (n. 24196 di rep.) rogata dal dott.
  Tommaso Sussarellu in qualita' di ufficiale rogante della provincia
  stessa  (all.  2)  - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e
  Luigi  Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio
  dell'avv. Manzi, via Confalonieri 5;
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
  dichiarazione  di  illegittimita' costituzonale dell'art. 10, comma
  3,  della legge 21 dicembre 1999, n. 526, concernente (Disposizioni
  per   l'adempimento   di   obblighi   derivanti   dall'appartenenza
  dell'Italia  alle  Comunita'  europee  -  Legge  comunitaria  1999,
  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale,  serie  generale, n. 13 del
  18 gennaio  2000, in quanto introducendo l'art. 3-bis nel corpo del
  d.lgs. 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43/CEE
  e   96/3/CE   concernenti  l'igiene  dei  prodotti  alimentari),  e
  prevedendo  con  esso una specifica procedura per il riconoscimento
  dei laboratori di analisi non annessi alle industrie alimentari, ai
  commi  5  e  7  attribuisce  ad organi statali poteri in materia di
  competenza provinciale, per violazione:
        delle   potesta'   legislative   ed   amministrative  di  cui
  all'art. 9, n. 10) e all'art. 16 dello statuto;
        delle  relative  norme  di  attuazione, ed in particolare del
  d.P.R.  19 novembre  1987,  n. 526,  e  del  d.lgs.  16 marzo 1992,
  n. 266, per i profili e nei modi di seguito illustrati.

                              F a t t o

    La   provincia   autonoma  di  Trento  e'  dotata  di  competenza
  legislativa   i   materia   di  igiene  e  sanita',  nonche'  delle
  correlative potesta' amministrative, ai sensi dell'art. 9, n. 10) e
  dell'art. 16  del  d.P.R.  31 agosto  1972, n. 670 e delle relative
  norme di attuazione.
    Nella  materia  interviene  ora la legge n. 526 del 1999, che tra
  l'altro introduce un nuovo articolo, numerato come 3-bis, nel corpo
  del  d.lgs.  26 maggio  1977,  n. 155.  Tale articolo, a sua volta,
  consta di commi 7, sul cui contenuto occorre ora soffermarsi:
        il   comma   1   e'  una  norma  generale  che  introduce  la
  possibilita'  di  affidare  lo svolgimento di controlli analitici i
  prodotti  alimeari,  nell'ambito  delle procedure di autocontrollo,
  anche  a "laboratori esterni, iscritti in elenchi predisposti dalle
  regioni e province autonome";
        il  comma  2  prevede  che,  al  fine dell'iscrizione in tale
  elenco,  il  responsabile  del  laboratorio  presenti  istanza alla
  regione  o  provincia autonoma interessata "diretta a dimostrare di
  essere  in  grado  di  svolgere  i  controlli  analitici  idonei  a
  garantire  che  le  attivita'  di  cui  al  presente  decreto siano
  effettuate in modo igienico";
        il comma 3 specifica ulteriormente che l'istanza "deve essere
  corredata  della  indicazione sulla idoneita' delle stutture, della
  dotazione   strumentale   e   del   personale,   nonche'  di  copia
  dell'autorizzazione   rilasciata   dall'autorita'  locale  ai  fini
  dell'esercizio del laboratorio";
        il  comma  4  dispone che i laboratori esterni "devono essere
  conformi ai criteri generali per il funzionamento dei laboratori di
  prova  stabiliti  dalla  norma  europea  EM 45001 ed alle procedure
  operative  standard  previste  ai  punti 1 e 8 dell'allegato II del
  d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 120".
    E'   opportuno   precisare  subito  che,  trattandosi  qui  della
  conformita' a normativa europea ed alla normativa tecnica generale,
  tale comma 4 non forma oggetto della presente impugnazione.
    D'altronde,  anche  i  commi  2  e  3,  benche'  entrino  in modo
  eccessivo  nel  dettaglio delle formalita' relative alla domanda di
  iscrizione, da un lato sono poi sostanzialmente ovvi, nel senso che
  descrivono  il  fine  ovvio della domanda, ed enunciano elementi di
  documentazione   che   appaiono  nel  loro  insieme  di  necessaria
  acquisizione   nell'ambito   del   procedimento,   dall'altro   non
  precludono   in   alcun  modo  che  la  disciplina  provinciale  di
  adeguamento moduli la procedura in modo diverso e piu' adeguato: ad
  esempio,   richiedendo   i   soli   estremi   della  autorizzazione
  dell'autorita'  locale;  in  modo  piu'  consono  a quanto disposto
  dall'art. 18 della legge n. 241 del 1990.
    La  presente impugnazione concerne invece in primo luogo il comma
  5  del nuovo art. 3-bis del decreto legislativo n. 155 del 1997, ai
  sensi  del  quale  "con  decreto  del  Ministro  della sanita' sono
  fissati   i   requisiti   minimi  ed  i  criteri  generali  per  il
  riconoscimento  dei laboratori di cui al comma 1, nonche' di quelli
  disciplinati  da  norme  specifiche  che effettuano analisi ai fini
  dell'autocontrollo   e   sono   disciplinate   le   modalita'   dei
  sopralluoghi  di cui al comma 7". Riguarda inoltre il comma 7 dello
  stesso  articolo,  ai  sensi  del quale "il Ministero della sanita'
  puo'   effettuare   sopralluoghi  presso  i  laboratori  diretti  a
  verificare la sussistenza dei requisiti di cui al comma 5".
    Entrambe    tali    disposizioni,   in   effetti,   si   rivelano
  illegittimamente  invasive  delle  competenze  costituzionali della
  ricorrente provincia, per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    1.  -  Illegittimita'  costituzionale del comma 7 dell'art. 3-bis
  del  d.lgs. del 26 maggio 1997, n. 155, come introdotto dalla legge
  21 dicembre 1999, n. 526.
    Come  esposto  in  narrativa, il comma 7 del nuovo art. 3-bis del
  d.lgs. n. 155 del 1997 dispone che "il Ministero della sanita' puo'
  effettuare sopralluoghi presso i laboratori diretti a verificare la
  sussistenza dei requisiti di cui al comma 5".
    E'   palese   che   si  tratta  di  una  funzione  amministrativa
  direttamente esercitata da organi statali, in materia di competenza
  provinciale,  ed  anzi, per dire piu' precisaniente, in una materia
  riconosciuta  di  competenza provinciale dalla stessa legge e dalla
  stessa   disposizione   qui   impugnata.   Infatti,   le  ispezioni
  ministeriali  sono  previste  pur,  come dispone lo stesso comma 7,
  "ferme  restando  le  competenze  delle  regioni  e  delle province
  autonome  di  cui  all'art. 115,  comma  2, lett. c), del d.lgs. 31
  marzo 1998, n. 112".
    Tale   disposizione,  a  sua  volta,  nell'ambito  della  materia
  sanitaria  prevede  la  piena  competenza regionale in ordine a "la
  verifica  della  conformita'  rispetto  alla  normativa nazionale e
  comunitaria di attivita', strutture, impianti, laboratori, officine
  di  produzione,  apparecchi,  modalita'  di lavorazione, sostanze e
  prodotti,  ai fini del controllo preventivo... nonche' la vigilanza
  successiva,  ivi compresa la verifica dell'applicazione della buona
  pratica di laboratorio".
    Per  vero,  il  richiamo  operato dal comma 7 dell'art. 3-bis del
  d.lgs.  n.  155  del  1997  (introdotto  dalla legge qui impugnata)
  all'art. 115  del  d.lgs.  n. 112  del  1998 risulta, rispetto alla
  Provincia autonoma di Trento, del tutto incongruo. Non solo infatti
  per evidenti ragioni di sistema, e per le disposizioni stesse della
  legge di delega n. 59 del 1997, tale decreto legislativo non poteva
  riguardare che le Regioni a statuto ordinario, ma lo stesso art. 10
  del  d.lgs.  n.  112  del  1998  esattamente  dispone  che  "con le
  modalita'  previste dai rispettivi statuti si provvede a trasferire
  alle  regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento
  e  di Bolzano, in quanto non siano gia' attribuite, le funzioni e i
  compiti  conferiti  dal presente decreto legislativo alle regioni a
  statuto ordinario".
    Tuttavia, la spettanza alla ricorrente Provincia della materia in
  questione  non  puo'  essere  posta  in dubbio. Infatti, se pure le
  norme  di  attuazione  di cui al d.P.R. n. 474 del 1975 mantenevano
  ferma  la  competenza  statale  per gli "aspetti igienico-sanitari:
  della produzione, commercio di sostanze alimentari e bevande" (art.
  3,  n. 7),  gia'  il  successivo  d.P.R. n. 526 del 1987 provvedeva
  (art. 10)  a  trasferire  alla  Regione  Trento-Alto  Adige  e alle
  Province   autonome   di   Trento  e  di  Bolzano  ogni  competenza
  legislativa ed amministrativa trasferita alle Regioni ordinarie dal
  d.P.R.  n.  616  del  1977, e non ancora ad esse spettanti. E giova
  osservare  che  in  tale  ultimo  decreto  la materia relativa agli
  aspetti  igienico-sanitari  della  produzione  e  del  commercio di
  sostanze  alimentari  e  bevande  risulta  trasferita  alle Regioni
  dall'art. 27, comma 1, lett. e).
    In  definitiva,  per  quanto  riguarda  la  Provincia autonoma di
  Trento la nuova disciplina qui impugnata verrebbe ad introdurre dei
  controlli  ministeriali  paralleli  a quelli di pacifica competenza
  della  ricorrente  Provincia.  Ma  la previsione di tale competenza
  ministeriale  all'esercizio  di  funzioni  amministrative  in loco,
  cioe'  nel  territorio  stesso  della  Provincia  di  Trento, cozza
  frontalmente  contro  il  disposto  dell'art. 4 del d.lgs. 16 marzo
  1992,  n. 266,  ai  sensi  del  quale  "nelle materia di competenza
  propria  della  Regione o delle Province autonome la legge non puo'
  attribuire  agli  organi  statali funzioni amministrative, comprese
  quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di
  violazioni  amministrative,  diverse da quelle spettanti allo Stato
  secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione".
    Di  fronte  a  tale  chiara  disposizione  nulla  vi  sarebbe  da
  aggiungere;  ne'  sarebbe necessario osservare, come pure qui si fa
  per completezza difensiva, che nel caso mancherebbe anche una ratio
  di  interesse nazionale che possa in qualunque modo giustificare un
  sistema  parallelo,  provinciale  e  statale,  di  vigilanza  e  di
  controlli.
    Occorre solo qui ulteriormente aggiungere che nessun fondamento a
  simile   competenza   statale   puo'   giungere   dalla   normativa
  comunitaria,  e' segnatamente dalle direttive comunitarie 93/43/CEE
  e 96/3/CE di cui il d.lgs. 26 maggio 1997, n. 155, e' attuazione.
    Risulta percio' pienamente confermata, ad avviso della ricorrente
  Provincia,  la  illegittimita' e la contrarieta' allo statuto della
  disposizione qui' impugnata.
    2. - Illegittimita' cosituzionale del comma 5 dell'art. 3-bis del
  d.lgs.  del  26  maggio 1997, n. 155 come introdotto dalla legge 21
  dicembre 1999, n. 526.
    Come sopra esposto, il comma 5 del nuovo art. 3-bis del d.lgs. n.
  155  del  1997  dispone che "con decreto del Ministro della sanita'
  sono  fissati  i  requisiti  minimi  ed  i  criteri generali per il
  riconoscimento  dei laboratori di cui al comma 1, nonche' di quelli
  disciplinati  da  norme  specifiche  che effettuano analisi ai fini
  dell'autocontrollo   e   sono   disciplinate   le   modalita'   dei
  sopralluoghi di cui al comma 7".
    Al Ministro e' dunque conferito un potere normativo relativo allo
  svolgimento  dell'attivita'  amministrativa  provinciale;  ma basta
  tale  enunciazione  a  metterne in rilievo la totale illegittimita'
  costituzionale.  Se  infatti,  come  piu' volte affermato con ormai
  consolidata  giurisprudenza codesta Ecc.ma Corte costituzionale, lo
  stesso  regolamento  governativo  non  e'  abilitato a disciplinare
  materie  di competenza della Provincia, con conseguente limitazione
  delle  sue potesta' legislative e amministrative (cfr. tra le altre
  le  sentenze n. 465 del 1991 e n. 408 del 1998), a maggiore ragione
  tale  limite  deve  essere riferito a poteri normativi assegnati al
  singolo Ministro.
    Ne',  d'altronde, il potere ministeriale in questione puo' essere
  configurato  come  atto di indirizzo e coordinamento, perche' anche
  configurato  in  tale  modo  il  relativo  conferimento  di  potere
  risulterebbe  illegittimo  per  violazione  dello  stesso principio
  della  collegialita'  governativa  inerente  alla  funzione,  e per
  difetto dei contenuti tipici di tale atto.
    Cio'  vale,  allo  stesso  modo  per i tre oggetti che il comma 5
  dell'art. 3-bis   assegna   al  potere  normativo  ministeriale;  i
  requisiti  minimi  dei  laboratori (d'altronde gia' derivanti dalle
  normative richiamate al precedente comma 4), i criteri generali per
  il  riconoscimento ed infine le modalita' dei sopralluoghi previsti
  dal comma 7.
    Si noti, per quanto riguarda l'ultimo punto, che l'illegittimita'
  riguarda  non solo - come sopra argomentato - la diretta competenza
  statale in materia, ma anche - e qui in particolare - la competenza
  ministeriale a disciplinare lo svolgimento dei sopralluoghi.
    Si  noti  che  sarebbe  del  tutto  infondata  - se la si volesse
  portare a fondamento della competenza ministeriale - la tesi che in
  tali  materie  vi  debbano essere importanti principi fissati dallo
  Stato;  sia  perche'  in  effetti  i  principi gia' esistono, sia a
  livello  di  normativa  comunitaria  che  al  livello  di normativa
  generale  dello  Stato, sia perche' se vi fosse bisogno di principi
  nuovi ed ulteriori il decreto ministeriale non sarebbe certo l'atto
  idoneo e legittimato a fissarli.
    Per  quanto  riguarda  la  ricorrente  provincia, poi, il sistema
  degli  atti  normativi  e  di  indirizzo  statali,  e  le  relative
  modalita'  di incidenza sulle fonti e sulle funzioni amministrative
  provinciali,  sono definiti dal d.lgs. n. 266 del 1992, e non vi e'
  certo  spazio per ulteriori fonti di derivazione legislativa, prive
  di giustificazione e fondamento in Costituzione.
    In  definitiva,  anche  i  poteri  statali  di  cui  al  comma  5
  dell'art. 3-bis    del    d.lgs.    n. 155   del   1997   risultano
  costituzionalmente  illegittimi  ed invasivi delle competenze della
  ricorrente provincia autonoma di Trento.